giovedì 27 marzo 2008

Infezione di una protesi di ginocchio


Mio padre ha 77 anni e due anni fa è stato operato al ginocchio sinistro con impianto di una protesi. Dopo un anno gli veniva diagnosticata un'infezione alla porzione di tibia a contatto della protesi con riduzione della matrice ossea e forti dolori accusati già da sei mesi dopo l'intervento.
La diagnosi definitiva del chirurgo che l'ha operato, dottor Vincenzo Bompadre, in forza all'ospedale di Terni, é stata di un nuovo intervento chirurgico con impianto di un nuovo cemento osseo(?)per ricostruire l'osso e togliere la protesi. Purtroppo ci ha prospettato, come ultima spiaggia se non ci sono miglioramenti, anche l'amputazione dell'arto(!).
Ci hanno parlato di una clinica a Cortina d'Ampezzo dove tolgono l'infezione alla protesi senza intervento.Con mio fratello abbiamo navigato in internet per cercarla in largo e in lungo ma non abbiamo trovato niente. Dateci una mano!
Credo nella vostra serietà e professionalità sono venti anni che vi seguo. Grazie Rita Mica da Terni


l’infezione di una protesi è la complicazione più grave che possa accadere. Purtroppo è incomprimibile, nel senso che, nonostante tutte le profilassi antibatteriche, un germe resistente a tutto può impiantarsi sul corpo estraneo e provocare l’infezione. Il germe può partire anche da lontano (per es. un ascesso o infezione delle vie urinarie), a distanza di tempo (per es. un anno), oppure, più frequentemente, un germe ospedaliero coriaceo. Per fortuna, le statistiche internazionali parlano di una percentuale ormai ridotta sotto il 2 per cento, tranne rari casi di selezione di batteri resistenti in sala operatoria che necessita la chiusura della stessa per la bonifica. La terapia che noi consigliamo è la rimozione precoce della protesi e l’impianto di uno spaziatore cementato con antibiotico mirato. Dopo 6 settimane, circa, quando i valori della VES e della PCR sono tornati normali, impiantiamo una nuova protesi, magari composta di materiali anallergici, cementata con antibiotico mirato. Non conosco casi di guarigione dell’infezione con la protesi in situ. L’amputazione dell’arto è un evento eccezionale. Prima si pratica la fusione dell’articolazione senza la protesi, rimane un ginocchio rigido, un arto più corto, ma una buona vita di relazione ed una deambulazione, anche senza supporti. Qualora anche così, l’infezione dovesse progredire indovata nell’osso e ci fosse il pericolo di una sepsi generalizzata, l’amputazione avrebbe un senso. Anche qui, con una bella protesi artificiale esterna, la vita di relazione sarebbe possibile con una deambulazione senza supporti. Ma, ripeto, è un evento raro, nei miei 35 anni di lavoro, mi è capitato una sola volta.

Morbo di Ledderhose: che fare?

Sono un medico di 49 anni, sportivo (pratico regolarmente corsa, sci alpino e
trekking). All'età di 44 anni sono stato operato alla mano destra per malattia
di Dupuytren, e l'estate scorsa (purtroppo con implacabile precisione
statistica) ho avvertito la presenza di due nodularità nella pianta del piede
sinistro e una nel destro, confermate dall'ecografia. Attualmente non ho
particolari limitazioni, a parte ogni tanto dolore a fitte, senza correlazione
con lo sforzo fisico.Lo specialista cui mi sono rivolto ha fatto diagnosi di
Ledderhose ed è stato poco incoraggiante, dicendomi che l'intervento spesso non
è risolutivo, che ci sono frequenti recidive e che asportando la fascia plantare
si può destabilizzare il piede. Devo rassegnarmi a una vita sedentaria o c'è
qualche rimedio?
Cordiali saluti
Vittorio Zanni
Bologna

La malattia di Ledderhose è assai meno frequente del Dupuytren (della stessa famiglia, ma colpisce la mano).
Fanno tutte parte delle malattie da retrazione fasciale sottocutanea, caratterizzata da ispessimenti e noduli fastidiosi e dolenti.
Il trattamento terapeutico è, il più delle volte, astensionistico.
Si consiglia l'asportazione delle porzioni di aponevrosi plantare, interessate dalla retrazione, solo nei pazienti in cui tali noduli sono causa di dolore.
Il problema principale dell'intervento è la cicatrice in sede plantare che, se dolorosa, ostacola in modo importante l'appoggio.
Consiglierei quindi al collega di verificare se vi siano gli estremi per giustificare il trattamento chirurgico.
Analogamente alla malattia di Dupuytren, quella di Ledderhose riconosce, come concausa, il microtrauma, spesso per appoggio scorretto
Per tale motivo può essere utile un esame approfondito della postura, con un'ortesi plantare non rigida, per un moderato sostegno meccanico.
Meglio evitare attività sportive, comportanti stress ripetuti sulla pianta del piede.
Utili le nuove scarpette sportive con ammortizzatore calcaneare.

Ciao
Augurissimi ancora a te e famiglia

Protesi di rivestimento dell'anca


Egr. Dott. Confalonieri, ORTOPEDIA
Sono un’assidua lettrice di “Salute”. Vorrei sottoporle il mio problema che è l’artrosi all’anca. Premetto che ho 52 anni, ho fatto periodiche infiltrazioni di acido jaluronico (Hialubrix) e faccio da 3 anni ginnastica in piscina. Comunque spesso non riesco a camminare molto a causa di forti dolori all’anca. Il mio fisioterapista mi ha detto, che esiste un tipo di intervento non tanto invasivo come la sostituzione della testa del femore, si tratta di un rivestimento che copre la stessa, per alleviare il dolore dovuto all’attrito.
Vorrei sapere se questa possibilità è reale e se a Roma è possibile risolvere questo problema.
In fede Massa Carmen


Premesso che diamo per scontato una diagnosi di artrosi primaria dell’anca in soggetto giovane, quando si instaura un dolore intenso che causa un’alterazione della vita di relazione, le soluzioni non cruente si riducono di molto. Se, poi, si associa una riduzione della motilità articolare che conduce alla vita sedentaria, un intervento chirurgico si impone. La qualità della vita, a mio parere, supera le difficoltà e le complicanze legate ad una sostituzione protesica articolare. Oggi, la protesi dell’anca è un intervento sicuro e di routine in ogni struttura ospedaliera italiana. E la durata della stessa, con i nuovi materiali e l’abolizione del cemento, è aumentata, tanto che, in letteratura, troviamo casistiche con 20 di sopravvivenza. Altro discorso è l’elevata attività funzionale dei pazienti giovani che determina un aumento dell’usura dei materiali, con conseguente aumento dei fallimenti per mobilizzazione dell’impianto protesico. Per migliorare i risultati funzionali e la durata delle artroprotesi d’anca nei pazienti giovani e/o attivi sono state proposte diverse soluzioni, come l’accoppiamento ceramica-ceramica, l’accoppiamento metallo-metallo, l’uso di impianti poco invasivi che conservino al massimo il bone stock (a conservazione del collo) e le protesi di rivestimento. Queste ultime, in particolare, dopo essere state abbandonate negli anni Ottanta, per l’alta percentuale di fallimenti, negli ultimi anni, hanno subito un nuovo impulso con lo sviluppo dei materiali e delle tecniche di impianto. L’utilizzo del computer ha migliorato il posizionamento delle componenti protesiche, riducendo la possibilità di frattura del collo del femore, complicanza frequente in questo tipo di impianti. In letteratura troviamo esperienze con ottimi risultati, a medio termine, pertanto, si può affermare che la protesi di rivestimento dell’anca, nelle corrette indicazioni, rappresenta una buona alternativa alla protesi tradizionale nei pazienti giovani e attivi con patologie artrosiche precoci dell’anca.

Il computer fa male?

Sono un ragazzo di 26 anni, costretto per lavoro a stare dalle 3 alle 4 ore al giorno davanti al computer.. senza considerare poi le ore passate nel poco tempo libero su internet...
Da quasi due anni (non a caso da quando ho iniziato a fare questo lavoro), soffro di dolori alla nuca, alle spalle in partcolare al trapezio credo, e alla schiena. Dolori che insorgono soprattutto di notte quando sono a letto, influendo negativamente sul riposo notturno. Ho fatto una radiografia alla cervicale ed il medico di base non ha riscontrato nulla di rilevante, mi ha consigliato di fare ginnastica posturale, per sciogliere i muscoli, secondo lui la causa è solo una forte contrattura dovuta alla postura scorretta e allo stress. Questo tipo di ginnastica allevia sicuramente i dolori ma non gli elimina. Volevo sapere se è possibile eliminare questi dolori, e se l'utilizzo eccessivo del computer potrebbe provocare dei danni a lungo andare.

Complimenti e grazie alla redazione per il lavoro svolto!
Valentino


Il computer in se stesso non reca danni all’apparato locomotore, bensì alla vista, se si abusa della stesso, come, quasi sempre, in tutte le cose della vita.
E’ la posizione sbagliata, davanti al computer, per diverse ore al giorno che può creare problemi per sovraccarico funzionale e deficit posturale. Un po’ come quella dei giovani nel banco di scuola o con la cartella troppo pesante. Solo che qui il tempo è maggiore, a volte anche otto ore. Cosa fare? Innanzitutto, mantenere una posizione corretta davanti al computer. Schiena diritta, video all’altezza del viso, spalle rilassate, gomiti appoggiati al banco. Regolate l’altezza della sedia o del tavolo per ottenere questa posizione. Esistono in commercio sedie ergonomiche che aiutano la corretta postura. Prima e dopo il lavoro, associare ginnastica posturale specifica oltre a massaggi e palestra in genere. Il nuoto aiuta, soprattutto a dorso. Se persistono problemi e dolori, rivolgersi allo specialista di fiducia, per il sospetto di qualcosa che si sta cronicizzando e porre in atto i rimedi adeguati.

Sperone Calcaneare


Ho fatto di recente una RX al piede
sinistro per doloretti e la diagnosi è stata:"presenza di iniziale
sperone calcaneare inferiore". Se posibiile, cortesemente, mi
piacerebbe sapere: che cosa è?; se è necessaria una visita
specialistica; se si può curare e seguarisce; come ? quali altri
rimedi o precauzioni sono utili (come, plantari, scarpe ortopediche,
rialzi speciali di gomma o lattice, dieta, etc). anticipatamente
ringrazio e spero in una risposta rapida, esaustiva e risolvente. Grazie


Ne abbiamo già parlato più volte
Lo sperone calcaneare sotto la pianta del piede non è una malattia, ma un sintomo. Il segno che c’è una postura scorretta, per vari motivi, malformazioni congenite, acquisite, piede cavo, supinato, retropiede valgo, ecc. che portano ad un sovraccarico della fascia plantare che si infiamma, cronicizza e la tensione esagerata all’inserzione sul calcagno produce un deposito di sali di calcio che configura il classico sperone. Il rimedio è agire sulla causa, capire perché si cammina male. Un esame baropodometrico della deambulazione ci aiuta a capire ed a produrre un plantare correttivo. Qualora non fosse sufficiente, si possono associare una terapia a base di onde d’urto e infiltrazioni locali di cortisone, per lenire la fase acuta. Il ricorso alla chirurgia è raro. Un detensionamento della fascia plantare, associato ai plantari risolve il problema.

Morbo di Osgood Schlatter.

Salve,
Mio figlio, tredici anni, fino all'ottobre del 2004 ha praticato felicemente l'atletica leggera nelle categorie esordienti e ragazzi, specialità corsa veloce.
A partire da quel periodo ha accusato persistenti dolori alle ginocchia e a seguito di RX si è evidenziata: irregolarità dei profili e frammentazione del nucleo dell'apofisi tibiale anteriore, bilateralmente.
C.R. Morbo di Osgood Schlatter.
Nonostante l'interruzione dell'attività sportiva e l'osservanza del riposo consigliato dallo specialista, i dolori alle ginocchia continuano a tormentarlo, e basta una semplice pressione con le dita per evidenziarli. Vorrei sapere quali sono i tempi medi di evoluzione e durata di questo fastidioso disturbo, quali le controindicazioni prevalenti, e soprattutto quali accorgimenti possono attenuarne e/o eliminarne gli effetti (agopuntura, fisioterapia, calcioterapia, o se del caso, dato che viviamo in una città di mare, una mirata talassoterapia?).


L' osteocondrosi dell'apofisi anteriore tibiale (TTA) è una malattia dell'adolescenza ad evoluzione benigna. Pochi mesi di riposo, di solito, risolvono il problema.
In alcuni casi, il disturbo si prolunga e, pertanto, occorre mettere in campo alcune terapie sintomatiche, in attesa che la cartilagine di accrescimento, finisca il suo lavoro.
Oltre al riposo dall'attività sportiva, bisogna ricorrere a terapie antinfiammatorie, quali gli ultrasuoni o la ionoforesi. Pomate in loco e FANS per bocca.
In alcuni rari e malaugurati casi, la tuberosità si stacca ed occorre la chirurgia per rimettere le cose a posto.
Un pò di pazienza e tutto si risolverà presto.
Cordiali saluti

Sindrome da intrappolamento del nervo ulnare

Ho 27 anni e suono la chitarra da 12. Cinque mesi fa per la prima volta, durante una suonata più lunga e impegnativa del solito, ho avvertito nettamente un senso di stiramento subito al di sotto del gomito sinistro, parte interna (mediale), accompagnato da una maggiore difficoltà di movimento delle dita. Da allora dolore e fastidio non sono mai scomparsi, pur mutando intensità: all'inizio si trattava solo di un lieve> > indolenzimento sotto sforzo, che per i primi due mesi ho pertanto> > sottovalutato continuando a usare il braccio e prendendo solo dei fansper> > via orale, che me l'hanno fatto passare per una settimana; poi ècresciuto> > di intensità fino a coinvolgere tutto l'avambraccio. A quel punto ho> > iniziato tre mesi (fino ad ora) di assoluto riposo, evitando, oltre che di suonare, di guidare, fare sforzi o scrivere al computer. Sono andato da vari specialisti che mi hanno diagnosticato chi una epicondilite da sovraccarico funzionale, chi una tendinite inserzionale dei muscoli flessori, chi una entesopatia epitrocleare. Ho fatto ulteriore utilizzo di fans per via orale e locale, senza risultato, e tre cicli di laser Co2 di due settimane ciascuno, accompagnati a ultrasuoni, Tens e Radar e qualche seduta di ionoforesi. Il dolore ora è diminuito di intensità ma resta, si > è rilocalizzato solo al gomito ed è accompagnato da debolezza del braccio sotto sforzo, senso di gonfiore al gomito e, nei momenti più intensi, formicolio al mignolo. Le ecografie fatte parlano di "processo flogistico a carico dei tendini del muscolo bicipite e dei muscoli flessori dell'avambraccio alle inserzioni tendinee del gomito", e, successivamente, di "ispessimento della borsa dell'epicondilo omerale da riferire a borsite, e ispessimento del legamento ulnare esterno per imbibimento flogistico da verosimile distrazione tendinea (entesopatia)". Non hanno rilevato altre alterazioni evidenti dei tendini o dei legamenti (ma sarebbe meglio una risonanza magnetica?). L'elettromiografia ha dato esito normale. Vorrei saperne di più su altre possibili terapie di cui ho sentito parlare (laser neodimio, magnetoterapia, onde d'urto, infiltrazioni di cortisone, ozonoterapia, medicina biocibernetica, agopuntura) e sulle possibilità di intervenire chirurgicamente. E soprattutto se potrò tornare a suonare come prima.



Ritengo sia una sindrome da intrappolamento del nervo ulnare al passaggio
al
> gomito, nel solco epitrocleare.
> La causa potrebbe essere su base microtraumatica o da sovraccarico, con
> aderenze cicatriziali che hanno ristretto il canale di passaggio del
nervo.
> La soluzione è incruenta con TENS (stimolazioni elettriche antidolorifiche
e
> stimolanti la rigenerazione nervosa), riposo e anti dolorifici per bocca.
> Però, se dopo 10 gg., la sintomatologia non dovesse recedere, consiglierei
> un intervento chirurgico di liberazione del nervo ed eventuale
trasposizione
> anteriore nei muscoli epitrocleari.
> Intervento semplice, poco traumatico e la nostra esperienza è
assolutamente
> positiva.

Innesti di cartilagine

Buongiorno , sono un ragazzo di 27 anni ed ho al mio ginocchio sx una "condropatia di medio grado livello femoro tibiale esterno" questo é l'esito della RMN.
Ho effettuato anche una artoscopia per provare a vedere se l'usura della cartilagine si poteva bloccare,ma l'ortopedico che mi ha operato ha diagnosticato una: Condropatia di 4° condilo esterno,condrite rotulea 3° ginocchio sx.
Alla fine l'unica soluzione che mi hanno dato e un trapianto di cartilagine, però pare che non tutti sono in grado di effettuare.
Sa darmi qualche consiglio ed evuntuali specialisti nel settore da consultare nella mia zona cioè nel Lazio.
Anticipatamente ringrazio
Francesco T.



Allora,
innanzitutto, dobbiamo specificare che esistono diversi tipi di innesti cartilaginei e non dobbiamo dimenticare le perforazioni e le microfratture che stimolano la rigenerazione di un tessuto simil cartilagineo con risultati sovrapponibili. Bisogna conoscere le dimensioni della lesione ed approntare il rimedio adeguato. Per esempio la mosaicoplastica, prelievo di cilindretti di cartilagine ed osso da una zona non di carico della stessa articolazione e innesto nella parte interessata, non può essere praticata per una sofferenza condrale maggiore di 2 cmq. Per lesioni minori conviene praticare le microfratture alla Steidman. Per le grandi perdite, l'innesto di condrociti autologji clonati, sembra il rimedio più indicato. I risultati sono ancora oggetto di verifica però, sembra che la cartilagine impiantata, una volta attecchita, contenga collageno di tipo 2 come quella normale.
Detto questo, posso comunicare che nel Lazio, numerosi centri praticano questi tipi di intervento, pubblici e privati.
Per ulteriori informazioni telefonate allo 06/8082454 dove un mio collaboratore vi potrà indirizzare al meglio.
Cordili saluti

Condropatia dell'astragalo


Sono uno sportivo da sempre (escursionismo, trekking, footing, ciclismo), anche ora che ho 67 anni. Sono affetto da condropatia alla caviglia, più precisamente all¹astragalo, individuata con la risonanza magnetica. Ho fatto di tutto: antinfiammatori, agopuntura, ginnastica posturale, uso del plantare, PST, omeopatia. Niente. Per un sedentario non sarebbe una tragedia, ma io non riesco a sopportare la quasi immobilità. Cosa mi consiglia? Il mio pensiero si rifugia nell¹intervento chirurgico, ma con quale prospettiva?
La ringrazio per quanto vorrà gentilmente consigliarmi.


La condropatia dell'astragalo è una patologia di non facile soluzione terapeutica.
La recente vicenda del giocatore Filippo Inzaghi, insegna molto sulle incertezze della terapia.
Innanzitutto, bisognerebbe conoscere le dimensioni del problema e la localizzazione. Purtroppo, se si trova nella zona di carico, prima o poi, bisognerà ricorrere alla chirurgia. se si trova in una sede periferica, la riduzione dell'escursione articolare, associata a terapia fisica, potrebbe attenuare il dolore. La chirurgia, oggi, per fortuna è mininvasiva, in quanto si può aggredire l'articolazione per via artroscopica, con due o tre forellini.
Recentemente, è uscito un articolo scientifico che dimostra come le microfratture (perforazioni multiple della zona di cartilagine malata), possano portare un notevole miglioramento della sintomatologia.
Io le associerei ad un plantare di scarico della zona interessata e riuscirei a limitare il problema, per qualche tempo. La guarigione è impossibile, come in tutti i quadri di artrosi delle articolazioni, però si potrebbe convivere.
Le soluzioni definitive sono, come per il ginocchio o l'anca, fondamentalmente, due: la protesi articolare e l'artrodesi, con vantaggi e svantaggi di entrambe, ma questo è un altro capitolo, e ne riparleremo tra qualche anno.

Lombalgia


Le scrivo per sottoporLe il mio caso con l'augurio di un cortese riscontro.
Ho compiuto 49 anni da poco e da circa un mese ho iniziato ad avvertire dei fastidiosi dolori lombari che all'inizio ho scambiato per un banale colpo d'aria e come tale ho curato.
Gia' in terapia per una sospetta epicondilite al braccio destro ho confidato al mio ortopedico i miei dubbi sui predetti dolori lombari che nel frattempo si sono abbastanza attenuati. Dopo un controllo, mi e' stata consigliata per precauzione una radiografia. L'esito purtroppo ha evidenziato quanto segue:
Lomboartrosi di grado medio diffusa a tutti i metameri esaminati con discreta osteofitosi marginale e riduzione dello spazio intersomatico tra L5 - S1 per sofferenza discale. Scoliosi dx convessa lombare con rotazione dell'asse rachideo a tale livello.
Deformazione dei capi ossei e manifestazioni distrofiche nelle strutture ossee subcondiali per processo artrosico di grado discreto a carico delle sacroiliache e delle coxofemorali esaminate.
Non segni di lesioni ossee a focolaio. Normali i rapporti articolari.
L'ortopedico, da me immediatamente consultato, non e' parso eccessivamente allarmato e anzi mi ha tranquilizzato specificando che, stante il mio stato, se io fossi una donna non potrei piu' avere figli ma che non essendo questo il mio caso e, visionate con attenzione le lastre e lo stato della mia schiena che gli e' sembrata tutto sommato in buone condizioni, mi ha invitato a seguire uno stile di vita piu' rigoroso: niente sforzi inutili, movimento ( possibilmente nuoto ), perdita di peso ( sono alto m. 1,78 x kg 86 ). Mi ha prescritto inoltre Glucosamina solfato ( nella specialita' Dona in bustine da g 1,5 ) in cicli da 4 mesi con sospensione per due mesi e successiva ripresa, da prendersi tutti i giorni. Inoltre ALAnerv da prendersi tutti i giorni x 1 capsula. Ha escluso l'uso di antinfiammatori se non in caso di necessita' e comunque limitandomi alla nimesulide. Infine mi ha chiesto di tornare per una successiva visita in ottobre.
Purtroppo pero' da allora mi trovo in uno stato di profonda prostrazione psicologica ! Sono nel pieno della mia attivita' lavorativa e anche la mia vita privata e' densa di impegni. Il pensiero di sviluppare una condizione fortemente invalidante mi tormenta giorno e notte aumentando la mia ansia e abbassando la soglia delle difese del mio organismo...
Ho letto della sperimentazione di un vaccino contro il flagello dell'artrosi che sembra aver dato risultati assai incoraggianti e persino risolutivi sul campione testato. Potrei avere maggiori informazioni ? E nell'attesa, cosa posso fare per una qualita' della vita accettabile ? L'ottimismo del mio ortopedico e' condivisibile ?
Ringraziando per la paziente attenzione, porgo i miei piu' deferenti saluti
Roberto


Un dolore lombare, con un grado di artrosi modesto, non deve preoccupare. La sofferenza delle cartilagini di rivestimento, dei capi ossei delle articolazioni, sarà la patologia più frequente, nel campo ortopedico, dei prossimi anni. L'aumento dell'età media di sopravvivenza, della traumatologia sportiva e dell'attività fisica in genere, accompagnati da una maggior richiesta di benessere funzionale, ci porterà a curare, sempre di più le patologie legate all'artrosi delle articolazioni in genere.
La terapia cardine dell'artrosi è basata su: calore e movimento in scarico; tutte le forme di calore endogeno o esogeno e la fisioterapia specifica per l'articolazione interessata, oltre agli antiinfiammatori, assunti saltuariamente.
Non esistono prodotti rivoluzionari, attualmente, sul mercato con valenza scientifica provata.
Detto questo, però, non bisogna confondere quello che è artrosi da tutte le altre patologie che possono avere gli stessi sintomi.
Nel caso specifico, io mi orienterei verso una studio posturale. Il referto radiografico mostra uno squilibrio biomeccanico vertebrale che andrebbe indagato. Consiglierei un esame baropodometrico e stabilometrico per lo studio della postura e della deambulazione. Una volta evidenziato il deficit posturale, cercherei la correzione con plantari su misura, visita e trattamento posturale per rimettere in asse, per quanto possibile, la colonna.
Qualora tutto questo non portasse beneficio, consiglierei una RMN del tratto lombare, per escludere tutta la patologia discale.
In ogni modo, lascerei perdere il problema artrosico. In questo caso, sembra più un effetto del deficit posturale che la vera causa del dolore.
Cordiali saluti

Artrosi del ginocchio


Ho 61 anni e dall'età di 35 fino a 50 anni ho praticato sport (tennis e sci discesa) che certamente non risparmiano le articolazioni, inoltre sono in sovrappeso dall'età di 30 anni (dopo aver smesso di fumare...)
Da parecchi anni convivo con artrosi alle ginocchia e, dopo la pulizia delle articolazioni (shaving rotuleo) sinistro anno 2003, destro anno 2004, la mia condizione dolorosa è migliorata anche con l'utilizzo di infiltrazioni di acido iarulonico.
La durata dell'effetto benefico delle infiltrazioni di acido iarulonico varia nel mio caso da sei a nove mesi.
Vi chiedo se le infiltrazioni di acido iarulonico possono essere fatte anche a livello di prevenzione dell'usura e del dolore da carico, e con quale periodicità.
Lo specialista che mi segue mi invita a non essere precipitoso e ad aspettare che la sintomatologia dolorosa si manifesti in modo più eclatante perché le infiltrazioni comunque rappresentano una potenziale forma di infezione.
L'anno scorso però, per ovviare ad una dolorosità che mi impediva di camminare che poche centinaia dimetri al giorno, è dovuto ricorrere ad un paio di infiltrazioni di cortisone.
Ho grande rispetto per il mio ortopedico, che è anche la persona che ha praticato le artroscopie alle mie ginocchia, eseguite in anestesia spinale e, durante gli interventi mi ha fatto vedere le condizioni delle cartilagini abbastanza deteriorate.
Gradirei un parere di un vostro specialista, e se possibile anche via e-mail (sono un lettore di repubblica fin dal primo numero, ma le rubriche qualche volta le salto..)

Grazie
Cordiali saluti.


L’aumento medio dell’età e del benessere ha portato ad una maggior richiesta di medicalità e salute. Inoltre, una maggior ricerca della forma fisica, ha aumentato il numero di persone che fanno attività sportiva, incrementando le patologie legate ad essa. Gli esiti dei traumi ai menischi, ai legamenti, alla cartilagine ed alle ossa del ginocchio, anche se ben trattati, portano, spesso, ad una artrosi precoce, molto invalidante.
Quando il ginocchio non funziona più, fa male e si gonfia, solitamente, siamo di fronte ad un quadro artrosico di degenerazione delle cartilagini di rivestimento. E’ come un giunto meccanico che si grippa e va cambiato.
Secondo i dati dell’Associazione Italiana Lotta all’Artrosi, il nostro Paese impiega il 30% delle risorse sanitarie della terza età, per problemi artrosici, un terzo dei quali sono a carico del ginocchio. Quando cure mediche e fisiche (radar, ultrasuoni, cure termali, infiltrazioni di acido ialuronico, cortisone, ecc.) non hanno più effetto, l’unica soluzione per ritrovare la gioia di camminare, senza dolore, è l’artroprotesi. A differenza di tutte le altre articolazioni, la protesi del ginocchio non prevede la sostituzione dell’articolazione, ma il rivestimento dei capi ossei. Un guscio metallico (lega di titanio e cromo cobalto molibdeno) che va a rivestire il femore ed un piatto metallico, con sopra un inserto di plastica, che si appoggia alla tibia. Questo la rende più conservativa delle altre. Inoltre, quando la malattia non colpisce tutto il ginocchio, vi è la possibilità di sostituire solo un comparto del ginocchio, interno od esterno, con un’aggressione chirurgica mini invasiva e la conservazione di tutti i legamenti. Un piccolo guscio di noce per il femore ed un piattino di plastica per la tibia. L’intervento, eseguito in anestesia locale, con pochi giorni di degenza ospedaliera, consente all’ammalato di riprendere la funzionalità completa dell’articolazione, in meno di un mese, e l’attività sportiva.
Certo, non sempre tutto fila liscio. Si tratta, comunque, di un oggetto estraneo nel corpo umano, che deve correggere le deformità (ginocchio varo o valgo) della malattia, togliere il dolore e permettere un cammino senza zoppia. A volte l’organismo non tollera le protesi, un’infezione può compromettere l’impianto o qualche errore di posizionamento rende instabile la struttura.
Oggi, abbiamo la possibilità di utilizzare, in sala operatoria, il computer ed il robot.
Strumenti sofisticati che aiutano i chirurghi nell’impiantare, in modo perfetto, le protesi, correggendo le deviazioni patologiche dell’arto inferiore. Pochi Centri Ospedalieri, in Italia, ne fanno uso. Il nostro, a Milano, è stato fra i primi, nell’ormai lontano 1999, ed i risultati, oggi, sono all’altezza delle aspettative, tanto da diventare un punto di riferimento e far scuola chirurgica.

Il distacco traumatico delle spine tibiali

Ho 28 anni, e in seguito ad un incidente sulla neve ho riportato, al ginocchio sinistro, la rottura dell’eminenza intercondiloidea e il conseguente distacco del legamento crociato anteriore. Con un intervento in artroscopia si è ricomposto ciò che rimaneva della spina tibiale e “riattaccato” il legamento. Per la prolungata immobilità, necessaria per il trauma osseo, la riabilitazione usuale nei casi di lesioni ai legamenti del ginocchio (kinetec, fisiokinesiterapia..), è iniziata in ritardo, con conseguente formazione di numerose aderenze in tutto il ginocchio che bloccavano quasi completamente l’articolarità (la gamba non superava una flessione di 30-35gradi). Perciò dopo due mesi è stata effettuata un’ Artrolisi ortopedica (dolorosissima!) e via di nuovo con kinetec, fisioterapia, piscina, ecc..
Sono passati ormai nove mesi dall’inizio di tutto, e ancora la capsula articolare e la rotula sono come “affogati”, con degli ispessimenti ben visibili a occhio nudo,come è visibile anche la mancata iper-estensione della gamba (mancano 4-5gradi). Sto proseguendo la ginnastica per riprendere il tono muscolare della gamba, ma ad ogni movimento, specialmente “a freddo”, si sentono veri e propri rumori e “crack” nel ginocchio, come qualcosa che si staccasse, e in più non riesco ancora a fare le scale, specialmente a scendere. Per non parlare di occasionali fitte dolorosissime nella parte posteriore del ginocchio che mi bloccano completamente.
Dato il tempo trascorso, sono indietro con i tempi di recupero? E tutti questi fastidi rientrano nella norma post-trauma? E’ possibile che debba sottopormi ad un’altra artrolisi?
Nel ringraziarvi per l’attenzione, porgo cordiali saluti,

Dany



Il distacco traumatico delle spine tibiali, porzioni di osso, al centro del ginocchio, alle quali sono attaccati i legamenti crociati, è un fatto non frequente nell'adulto, ma meno grave della rottura dei legamenti, in quanto, se ben trattato, guarisce con minore invalidità. L'intervento è possibile in artroscopia o con una piccola incisione cutanea, si riposiziona il blocchetto osseo delle spine, lo si fissa con un cerchiaggio o con una vite. Importante è il post operatorio, che
deve prevedere una immobilità parziale dell'articolazione, in considerazione dell'entità del distacco, della riduzione e della fissazione. Purtroppo, le aderenze cicatriziali, post intervento, sono frequenti, la letteratura parla di almeno un 10 % delle casistiche, e la loro risoluzione non è sempre facile. La fibrolisi con tecnica artroscopica è l'ideale, ma, a volte, va ripetuta, associata ad un intenso ciclo di fisiochinesiterapia assistita e prolungata. Il deficit dell'estensione può essere correlato a questo, con un nodulo fibroso davanti alle spine, che va rimosso.

cordiali saluti e augurissimi anche a voi

Recidive di Ernia Discale


SONO UN RAGAZZO DI 32 ANNI. QUATTRO ANNI FA HO SOFFERTO DI MAL DI SCHIENA E PRECISAMENTE ACCUSAVO FORTI DOLORI ALLA GAMBA SINISTRA CON MANCANZA DI SENSIBILITA' AL PIEDE . DAL RISCONTRO DELLA RMN E' EMERSA LA PRESENZA DI UNA ERNIA DISCALE L5-S1 . NEL MESE DI APRILE DEL 2001 SONO STATO SOTTOPOSTO A INTERVENTO CHIRURGICO ALL'ISTITUTO ORTOPEDICO GAETANO PINI CON SEDE A MILANO . NEL MESE DI DICEMBRE DEL 2004 E PRECISAMENTE IL 24 MI SONO BLOCCATO A LETTO ACCUSANDO I MEDESIMI DOLORI E PER CIRCA 40 GIORNI HO FATTO USO DI CORTISONE E SUCCESSIVAMENTE DI ANTIDOLORIFICI "ORODIS " SU PRESCRIZIONE DI UN NEUROLOGO . SONO ANDATO POI A SOTTOPORMI A RMN DOVE E' STATA RISCONTRATA UN'ALTRA ERNIA ALLO STESSO PUNTO E IN PIU' DEL TESSUTO CICATRIZIALE A CAUSA DELL'INTERVENTO SUBITO. DA CIRCA 20 GIORNI RIESCO A CAMMINARE CORRETTAMENTE PERO' ACCUSO ANCORA DOLORI AL POLPACCIO E NELLA PARTE INFERIORE DEL GLUTEO SINISTRO QUANDO STO SEDUTO E DOPO CIRCA 20 MINUTI MI DEVO ALZARE . LE FACCIO QUESTA DOMANDA : PRIMA DI PENSARE AD UN'ALTRO INTERVENTO CHIRURGICO , CONVIENE FARMI SOTTOPORRE A TERAPIA DA UN FISIATRA ? CHIEDO INOLTRE COSA NE PENSA DELL'OZONOTERAPIA ?? INFINE VOGLIO CHIEDERLE : LAVORO NELLA POLIZIA DI STATO E PRECISAMENTE ALLA POLIZIA STRADALE , IL VIO LAVORO SI SVOLGE QUASI SEMPRE IN MACCHINA O IN MOTO E SONO SOGGETTO QUIDI ALLE CONDIZIONI ATMOSFERICHE AVVERSE IN INVERNO , LA CAUSA PUO' ESSERE RICONDUCIBILE AL TIPO DI LAVORO ? RISOLTO IL PROBLEMA CONVIENE ESPLETARE LO STESSO LAVORO O CAMBIARE IL TIPO DI SERVIZIO ??????
DISTINTI SALUTI

ANDREA


Le recidive dei dolori dopo interventi per ernia discale, a volte, sono più fastidiose delle ernie espulse. Il problema è legato alle aderenze cicatriziali ed al residuo di disco intervertebrale, che è rimasto in sede e che protrude nel canale. La pressione sulle strutture nervose del midollo spinale, spesso, è maggiore. La diagnosi esatta è da ricercare con l'esame clinico accurato, da parte dello specialista che ha in cura il paziente, e con una RMN della colonna lombare. La terapia, in generale, è strutturata sulla necessità di diminuire la pressione sul cono midollare. Una manipolazione articolare (chiropratica) ha lo scopo di spostare la posizione della protrusione, per diminuire la pressione esercitata. La terapia fisica e medica ha lo scopo di rilassare la muscolatura paravertebrale, irritata dalle terminazioni nervose compresse, questo aiuta la diminuzione della protrusione. Ovviamente, il ricorso alla chirurgia è ancora possibile, quando le terapie incruente non producono beneficio. Anche l'ossigeno-ozono può aiutare, contribuendo a ridurre l'entità della protrusione ed ossigenare le aderenze cicatriziali. Da ricordare che, a volte, il problema, soprattutto se si ripete, sta in un deficit posturale con correlazioni lontane, magari misconosciuto. Ricordo che, un disturbo della vista, non compensato, una malocclusione dentale, un problema ai piedi, possono causare una lombalgia, anche con sintomatologia sciatalgica, per uno squilibrio dell'apparato locomotore che porta fino ad una espulsione discale. Questo perchè il corpo umano non è scomposto in settori, ma frutto di una grande armonia. Un esame del ciclo del passo (baropodometrico) e della postura, sono i primi accorgimenti per evidenziare una causa o una concausa esterna e mettere in atto gli accorgimenti per risolvere i problemi e la lombosciatalgia correlata. Per il tipo di lavoro, sconsiglierei la motocicletta, in autovettura, indosserei un corsetto semirigido lombare e terrei lo schienale molto verticale. Praticherei, in ogni modo, esercizi quotidiani per il rinforzo degli addominali, flessioni, al tappeto, a gambe piegate.

sindrome da conflitto sub acromiale

Ciao Elvira,
> > scusami se ti creo qualche problema ma a Palermo, come ben sai, non si
> > trova ne un ortopedico ne un fisiatra a cui affidarsi.
> >
> > Tecnica - Esame eseguito con bobina di superficie, tecnica
> multi-spin-echo
> > e STIR, nelle proiezioni assiale e paracoronale.
> >
> > Referto - Moderati fenomeni di artrosi acromion-claveare determinanti
> lieve
> > riduzione dello spazio subacrominale e sfumato conflitto con il tendine
> > del sovraspinoso; quest'ultimo presenta a livello del tratto
inserzionale
> > alcune sottili strie di elevato segnale che lo interessano solo
> > parzialmente,
> > riferibiliad aree di tendinosi. Concomita una sottile falda di
versamento
> > nella borsa sub-acromiale.
> > Regolari i tendini dei muscoli sottoscapolare e sottospinoso.
> > Minima falda di versamento nella guaina del tendine del capo lungo del
> > muscolo
> > bicipite da lieve tenosinovite.
> > Assenza di lesioni ossee focali.
> >
> > Esame eseguito dal Dott. Leone Filosto La Maddalena Palermo
> >
> > Grazie per il tuo interessamento, intanto continuo gli antidolorifici.
> >
> > Ciao zio Mimmo




Cara Elvira,
> è una sindrome da conflitto sub acromiale. Definizione tecnica della
vecchia
> "periartrite" della spalla, a volte calcifica. Il dolore è dato dalla fase
> acuta infiammatoria che porta, spesso, alla cronicizzazione della
patologia
> con interessamento della cuffia dei rotatori e sua possibile rottura.
> La terapia è incruenta, nella prima fase e consiste in un ciclo di
> infiltrazioni di corticosteroidi e anestetico nella regione sub acromiale
> (al massimo tre), seguite da fisioterapia assistita.
> Qualora la sintomatologia non cessasse, consiglierei un ciclo di onde
d'urto
> (al massimo 4) e, se fosse proprio incoercibile, un'artroscopia chirurgica
> per decomprimere lo spazio con una acromion plastica e sezione del
legamento
> coraco acromiale.
> Sperando che tutto si risolva con un'infiltrazione, ti saluto caramente
> ciao

Fratture metatarsali

Spett.le staff medico,
mi rivolgo a Voi per una informazione medica perchè certo di ricevere risposte certe e infallibili: mio padre, 76 anni, dieci giorni fa è caduto e ha riportato una frattura pluriframmentaria del metatarso; l'ortopedico ha consigliato l'ingesatura ma il problema è che mio padre ha una paresi sull'altro piede, per effetto della quale cammina con l'ausilio di una molla, per cui una lunga riabilitazione gli comporterebbe serie difficoltà nel reggersi sull'altro piede. A questo si aggiunga anche qualche lieve problema di circolazione. Oltre l'ingessatura, esistono soluzioni alternative?
Grazie per quanto potrete fornirmi


Le fratture delle ossa metatarsali sono suscettibili di diversi trattamenti terapeutici, incruenti, astensionistici o chirurgici.
Intanto, bisogna distinguere quale metatarsale, perchè il primo ed il quinto sono fondamentali per il carico e la deambulazione e necessitano di una perfetta riduzione della frattura. Poi, a che livello, perchè la base dell'osso è importante per il quinto, un pò meno per gli altri, mentre l'opposto è per la testa. Infine, il tipo di frattura, perchè una modica scomposizione è accettata, altrimenti una riduzione con sintesi, anche a minima, ci mette al riparo da disturbi posturali successivi. In ogni modo, una volta portato a guarigione l'osso, consiglio, sempre, uno studio della postura con un esame baropodometrico ed eventuale plantare correttivo.
Nel caso specifico, in assenza delle radiografie, posso ricordare ai curanti che esiste una scarpa speciale ad appoggio calcaneare (Baruk), che consente una deambulazione sul tallone, scaricando l'avampiede. In alcuni, selezionati casi, potrebbe consentire un carico parziale ed una deambulazione con stampelle.

La frattura della clavicola


Buongiorno sono Rossella ho 36 anni e vi scrivo da Bologna. L'hanno scorso in seguito ad un incidente automobilistico ho riportato la frattura scomposta della clavicola sinistra e lesione parziale del sovraspinoso della spalla sinistra con sofferenza della cuffia dei rotatori. La clavicola si è saldata con accavallamento dei due monconi, ma ho difficoltà nel sollevamento e nell'apertura del braccio anche dopo aver effettuato un ciclo di sedute di fisioterapia ed elettrostimolazione. Dopo diverse visite specialistiche, risonanza magnetica, ed elettromiografia che hanno confermato la lesione del tendine, il medico mi ha consigliato di intraprendere delle lezioni di ginnastica curativa per impedirne il peggioramento. E' consigliabile un intervento chirurgico oppure è sufficiente una serie di esercizi fisici? Inoltre sempre dopo l'incidente la scapola sinistra si presenta più sporgente rispetto alla destra, quale tipo di sport è più adatto a questo tipo di problema? Grazie. Saluti.



La frattura della clavicola è un trauma, facilmente, risolvibile, soprattutto se si riesce a non operare. Guarisce sempre, ha un processo di ossificazione membranosa molto efficace. Anche un piccolo accavallamento dei frammenti, di solito, non disturba. Diverso è il discorso della lesione della cuffia dei rotatori. Se è parziale, dovrebbe risolversi con una buona fisioterapia attiva e passiva, massaggi ed, eventualmente, un ciclo di onde d'urto, per il dolore. Se è totale, dopo una buona fisioterapia, qualora le difficoltà articolari dovessero continuare, si imporrebbe la terapia chirurgica, una riparazione con tecnica artroscopica o mini incisione. La ripresa funzionale è lenta, però con una buona fisioterapia, raggiungibile in 40 gg.

Chirurgia protesica computer assistita

Sarei lieta di avere una risposta dal Dr, Confalonieri del CTO riguardo ad un intervento di protesi totale del ginocchio destro a cui devo sottopormi (cosa ormai più che certa).
Ho saputo che al CTO si fa un intervento computerizzato.
Quali vantaggi ha questo tipo di intervento per rapporto a quello normale?
E' sempre possibile farlo o solo in alcuni casi?
Quali sono i tempi di recupero?
Ringrazio e se possibile, gradirei una risposta per mail.



la chirurgia protesica computer assistita è un passo importante verso la precisione assoluta dei gesti chirurgici, la loro ripetititività e la standardizzazione delle procedure.
Noi la utilizziamo dal 1999 con ottimi risultati, in particolare, non abbiamo più casi di mal allineamento che mettono a dura prova la durata della protesi.
Inoltre, possiamo associarla alla chirurgia mininvasiva, per un maggior rispetto dei tessuti del paziente ed un miglior risultato estetico.
la utilizziamo sia per il ginocchio che per l'anca
per saperne di più, aprite internet e su google cliccate il mio nome e cognome
grazie
a presto

Ricostruzione legamentosa


Sono una ragazza di 25 anni ,in seguito ad un incidente piuttosto grave (avvenuto nel gennaio2004) ho avuto il bacino fratturato ed altre lesioni tra cui il ginocchio sinistro. Il primo marzo 2005 mi sono sottoposta ad intervento chirurgico artroscopico al gin. sx. per asportazione del corpo di Hoffa e bilancio articolare in rottura sub-totale del L C A. Dopo quattro mesi di fisioterapia miglioramenti non ce ne sono stati, lo stesso chirurgo mi ha consigliato di sottopormi ad un nuovo intervento. Questo il trattamento proposto. Ricostruzione artroscopica del L C A con semitendinoso e gracile duplicati.
In merito vorrei sapere, in cosa consiste tale intervento di ricostruzione, la durata dello stesso, e il tipo di anestesia consigliata e in particolare quanti mesi di fisioterapia ci vorranno per tornare ad una vita normale.

Vi ringrazio e vi saluto cordialmente.

SILVIA




L'intervento di ricostruzione legamentosa del LCA del ginocchio, è un innesto di un tendine al posto del legamento rotto. Di solito si prende una porzione del tendine rotuleo con due blocchetti di osso alle estremità e lo si infila nel ginocchio, tramite un foro osseo praticato nella tibia, e lo si fissa a pressione o con viti, nei tunnel ossei scavati, appositamente. L'intervento viene condotto con tecnica artroscopica assistita, l'incisione cutanea non supera i 6 cm. Si possono utilizzare, anche, i tendini della zampa d'oca (gracile e semitendinoso), l'ancoraggio all'osso, in questo caso, sarà solo meccanico con una vite, fili metallici o riassorbibili. Ci sono vantaggi e svantaggi con entrambe le tecniche, dipende dall'esperienza del chirurgo. E' un intervento "sicuro" e collaudato, la durata non supera i 60 minuti e la guarigione avviene nel 98% dei casi. Si esegue in anestesia locale e ricovero di pochi giorni. la rieducazione è precoce ed il ritorno ad una vita normale avviene entro poche settimane. Il ritorno all'attività sportiva dopo 5 mesi.

cordialità

Lussazione recidivante della scapolo omerale

MIO FIGLIO, 23 ANNI, HA SUBITO, CIRCA 4 ANNI FA, GIOCANDO A CALCIO CON GLI AMICI, UNA LUSSAZIONE DELLA SPALLA DESTRA. ALL'EPOCA GLI FU APPLICATA, PER TRENTA GIORNI, SOLO UNA FASCIATURA INTORNO AL BUSTO CHE GLI IMMOBILIZZAVA IL BRACCIO DESTRO, SENZA INGESSATURA.
POCHI GIORNI FA, DURANTE LA NOTTE, DORMENDO, HA SUBITO NUOVAMENTE LA LUSSAZIONE DELLA STESSA SPALLA, SENZA ALCUN TRAUMA.
IN QUESTA OCCASIONE E' STATO INGESSATO PER 14 GIORNI.
A QUESTO PUNTO HO AVUTO MODO DI SENTIRE OPINIONI DIVERSE: CHI SUGGERISCE DI ATTENDERE UNA TERZA VOLTA, CHI CONSIGLIA DI PASSARE ALL'INTERVENTO.
A QUALI ACCERTAMENTI E' IL CASO, NEL FRATTEMPO DI SOTTOPORLO, VISTO CHE GLI SONO STATE FATTE SOLO DELLE RADIOGRAFIE?

GRAZIE E COMPLIMENTI PER LA QUALITA' E L'ESAUSTIVITA' DELLA RUBRICA.

ENNIO



La lussazione recidivante della scapolo omerale è una patologia, relativamente, semplice da trattare. Occorre conoscere le cause dell'instabilità, attraverso una RMN della spalla, per individuare fratture del cercine glenoideo o lassità dell'apparato capsulolegamentoso. In base a ciò si opterà per la soluzione chirurgica più adeguata con tecnica artroscopica o tradizionale. Gli interventi più utilizzati, oggi, sono la reinserzione del cercine ed una plastica della capsula sfondata. In mani esperte, possono essere eseguiti in artroscopia, conoscendo i dati della letteratura, che mostrano una maggiore percentuale di recidive, rispetto alla tecnica tradizionale, a cielo aperto. Quando intervenire? Dipende dalla lesione, se c'è il cercine staccato, anche dopo due episodi, altrimenti, una corretta fisioterapia, potrebbe diminuire i rischi di nuovi episodi di lussazione.

Il morbo di Dupuytren


Vi chiedo cortesemente, se possibile, informazioni sul morbo di Dupuytren, nel mio caso ancora in fase iniziale, ma visto

i risultati dopo due operazioni fatte di un mio collega, con le dita rimaste molto piegate, come ingessate, la cosa mi preoccupa molto, vorrei sapere se in questa fase iniziale si puo' fare qualche cosa, se ci sono terapie preventive per evitare

un futuro intervento chirurgico, qualsiasi cosa che puo' rallentare o arrestare questo processo degenerativo. Grazie.


Il morbo di Dupuytren è la fibrosi retraente dell'aponevrosi palmare della mano.
Può portare alla riduzione dell'estensione delle dita, in parole povere, non si riesce più ad aprire, completamente, la mano.
Ci sono vari stadi evolutivi, con diverse soluzioni terapeutiche.
La chirurgia è il rimedio più efficace, con diversi tipi di intervento, in relazione alla gravità del quadro clinico.
Al 1° o 2° stadio è sufficiente un piccolo intervento ambulatoriale, mininvasivo, in anestesia locale, a cielo chiuso, di scompaginamento della fibrosi.
Nei casi più complessi, è previsto il ricovero day hospital, per l'asportazione sub totale del tessuto patologico che ingloba i tendini.
Importante è non arrivare troppo tardi, perchè alcune deformità possono risultare incoercibili, i tessuti insufficienti a coprire le dita estese e, a volte, la soluzione più funzionale potrebbe risultare l'amputazione di alcune falangi delle dita coinvolte.

cordiali saluti