giovedì 27 marzo 2008

Artrosi del ginocchio


Ho 61 anni e dall'età di 35 fino a 50 anni ho praticato sport (tennis e sci discesa) che certamente non risparmiano le articolazioni, inoltre sono in sovrappeso dall'età di 30 anni (dopo aver smesso di fumare...)
Da parecchi anni convivo con artrosi alle ginocchia e, dopo la pulizia delle articolazioni (shaving rotuleo) sinistro anno 2003, destro anno 2004, la mia condizione dolorosa è migliorata anche con l'utilizzo di infiltrazioni di acido iarulonico.
La durata dell'effetto benefico delle infiltrazioni di acido iarulonico varia nel mio caso da sei a nove mesi.
Vi chiedo se le infiltrazioni di acido iarulonico possono essere fatte anche a livello di prevenzione dell'usura e del dolore da carico, e con quale periodicità.
Lo specialista che mi segue mi invita a non essere precipitoso e ad aspettare che la sintomatologia dolorosa si manifesti in modo più eclatante perché le infiltrazioni comunque rappresentano una potenziale forma di infezione.
L'anno scorso però, per ovviare ad una dolorosità che mi impediva di camminare che poche centinaia dimetri al giorno, è dovuto ricorrere ad un paio di infiltrazioni di cortisone.
Ho grande rispetto per il mio ortopedico, che è anche la persona che ha praticato le artroscopie alle mie ginocchia, eseguite in anestesia spinale e, durante gli interventi mi ha fatto vedere le condizioni delle cartilagini abbastanza deteriorate.
Gradirei un parere di un vostro specialista, e se possibile anche via e-mail (sono un lettore di repubblica fin dal primo numero, ma le rubriche qualche volta le salto..)

Grazie
Cordiali saluti.


L’aumento medio dell’età e del benessere ha portato ad una maggior richiesta di medicalità e salute. Inoltre, una maggior ricerca della forma fisica, ha aumentato il numero di persone che fanno attività sportiva, incrementando le patologie legate ad essa. Gli esiti dei traumi ai menischi, ai legamenti, alla cartilagine ed alle ossa del ginocchio, anche se ben trattati, portano, spesso, ad una artrosi precoce, molto invalidante.
Quando il ginocchio non funziona più, fa male e si gonfia, solitamente, siamo di fronte ad un quadro artrosico di degenerazione delle cartilagini di rivestimento. E’ come un giunto meccanico che si grippa e va cambiato.
Secondo i dati dell’Associazione Italiana Lotta all’Artrosi, il nostro Paese impiega il 30% delle risorse sanitarie della terza età, per problemi artrosici, un terzo dei quali sono a carico del ginocchio. Quando cure mediche e fisiche (radar, ultrasuoni, cure termali, infiltrazioni di acido ialuronico, cortisone, ecc.) non hanno più effetto, l’unica soluzione per ritrovare la gioia di camminare, senza dolore, è l’artroprotesi. A differenza di tutte le altre articolazioni, la protesi del ginocchio non prevede la sostituzione dell’articolazione, ma il rivestimento dei capi ossei. Un guscio metallico (lega di titanio e cromo cobalto molibdeno) che va a rivestire il femore ed un piatto metallico, con sopra un inserto di plastica, che si appoggia alla tibia. Questo la rende più conservativa delle altre. Inoltre, quando la malattia non colpisce tutto il ginocchio, vi è la possibilità di sostituire solo un comparto del ginocchio, interno od esterno, con un’aggressione chirurgica mini invasiva e la conservazione di tutti i legamenti. Un piccolo guscio di noce per il femore ed un piattino di plastica per la tibia. L’intervento, eseguito in anestesia locale, con pochi giorni di degenza ospedaliera, consente all’ammalato di riprendere la funzionalità completa dell’articolazione, in meno di un mese, e l’attività sportiva.
Certo, non sempre tutto fila liscio. Si tratta, comunque, di un oggetto estraneo nel corpo umano, che deve correggere le deformità (ginocchio varo o valgo) della malattia, togliere il dolore e permettere un cammino senza zoppia. A volte l’organismo non tollera le protesi, un’infezione può compromettere l’impianto o qualche errore di posizionamento rende instabile la struttura.
Oggi, abbiamo la possibilità di utilizzare, in sala operatoria, il computer ed il robot.
Strumenti sofisticati che aiutano i chirurghi nell’impiantare, in modo perfetto, le protesi, correggendo le deviazioni patologiche dell’arto inferiore. Pochi Centri Ospedalieri, in Italia, ne fanno uso. Il nostro, a Milano, è stato fra i primi, nell’ormai lontano 1999, ed i risultati, oggi, sono all’altezza delle aspettative, tanto da diventare un punto di riferimento e far scuola chirurgica.

1 commento:

Daniele ha detto...

Buon giorno professore.. Mi è stata diagnosticata un'artrosinovite villonodulare.Sono già stato sottoposto 3 anni fa ad un intervento di artroscopia, ma ad oggi avverto un fastidio e un leggero rigonfiamento dell'area interessata.Il mio timore è che il problema si sia ripresentato.Volevo sapere cosa comporta un intervento di sinoviectomia e se risulta essere risolutivo per questo tipo di patologia. In seguito all'asportazione della sinovia si perde mobilità articolare ad esempio nella vecchiaia? Che tipo di rischi comporta questo intervento? Grazie per l'attenzione